Sono fuori dal tunnel.
La visione periferica è una parte della visione che risiede al di fuori del centro dello sguardo. La visione periferica ci dà un'impressione iniziale e un contesto, entro cui mettere a fuoco nitidamente ciò che ci interessa maggiormente in un dato momento. Il restringimento del campo visivo consiste nella perdita della visione periferica, quindi nella difficoltà di percepire gli oggetti posti ai lati, in basso e in alto del campo visivo, mentre la visione centrale rimane inalterata. Immaginiamo di vivere la nostra vita guardando dentro l’obiettivo di una macchina fotografica. È come se attorno a noi il mondo smettesse di esistere.
Quando viviamo in un campo visivo ristretto in cui si mantiene la visione centrale, ma si perde quasi completamente la visione periferica, si parla di visione a tunnel. La visione a tunnel, o tubolare, è causata da alcuni fenomeni fisici o emotivi e incide sulla vista, sull'udito, e sull'attenzione. Può essere provocata da una situazione di pericolo, o di pesante stress. Molti di noi, ad esempio, possono aver vissuto questo fenomeno in un momento in cui siamo stati chiamati a svolgere un compito ad alta prestazione in una fase di grande stanchezza fisica, emotiva, e cognitiva, come durante un’interrogazione a scuola a fine anno; oppure, ancora, possiamo averne sperimentato gli effetti in un periodo di sovraffaticamento della vista, provocato ad esempio da dieci ore davanti al monitor del computer, con rare pause, per diversi giorni di seguito. Anche questo tipo di esperienza costituisce un agente stressogeno, che inficia la nostra visione periferica (oltre a tutta una serie di altri funzionamenti fisici, cognitivi ed emotivi).
Di fronte a una fonte di stress, a un pericolo, dunque, sia questo un’interrogazione importante a fine anno scolastico, o un periodo di intenso lavoro al computer, si può attivare la cosiddetta visione a tunnel: lo sguardo e l’attenzione si focalizzano su ciò che abbiamo davanti, annebbiando, perdendo la percezione di ciò che sta intorno e dello sfondo. Quando il nostro cervello rileva una minaccia, infatti, il nostro organismo mette in atto tutta una serie di risposte, tra cui la rapida regolazione della messa a fuoco dei nostri occhi sul pericolo, il che genera l’effetto tunnel. Le pupille si dilatano a causa dell’effetto dell’adrenalina, che, prodotta dalle ghiandole surrenali, invade il flusso sanguigno. In quel preciso momento, entra una enorme quantità di luce nell’occhio senza che questo abbia il tempo di adattarsi. L’aumento della luce influisce sulla capacità di osservare ciò che accade perifericamente. In pratica, ci focalizziamo completamente sul dettaglio che costituisce la minaccia.
Allo stesso modo, parliamo di trappola della visione a tunnel, per intendere un comportamento completamente focalizzato su un obiettivo, su una meta. Un comportamento, dunque, che non ci permette di goderci il viaggio. Questo bias è strettamente legato alla ricerca di un risultato, inteso come qualcosa che finalmente ci permetterà di stare bene, di essere felici, di raggiungere una stabilità e via dicendo. Frasi tipiche che pronunciamo quando siamo preda della trappola della visione a tunnel, possono essere del tipo “starò bene, quando cambierò lavoro”, oppure “smetterò di fumare quando sarò meno stressato”, o ancora “sarò felice quando troverò e comprerò la casa dei miei sogni”.
I rischi di questo comportamento sono diversi e due i principali e più facilmente riconoscibili. Innanzitutto, ogni passo necessario a spostarci dalla situazione presente verso quella che intendiamo perseguire perde di significato, diventa faticoso e meramente funzionale, anziché costituire la possibilità di guardarci e di guardarci attorno, mentre il panorama cambia progressivamente, e noi all’interno del panorama. Secondo, nel presente mettiamo in evidenza soprattutto ciò che ancora manca, senza valorizzare, o addirittura senza prestare attenzione e senza vedere tutto ciò che già abbiamo e ci circonda, coltivando un profondo senso di mancanza, inadeguatezza e frustrazione.
Come ripristinare dunque una visione periferica più inclusiva ed equanime? Alla ricerca del risultato, possiamo provare a sostituire curiosità, apertura mentale, mente del principiante. Di fronte a una fonte di stress, proviamo a riconoscere il nostro annebbiamento e a sgombrare il campo con una tanto semplice quanto rituale domanda: cosa c’è qui?
Cristina Perillo
(per rispondere, per commentare, per un incontro conoscitivo basta scrivermi)