Scaricabarile.
Lo scaricabarile è un gioco che consistente nel porsi schiena contro schiena e, tenendosi con le braccia incrociate e piegate, alzarsi a vicenda più volte, in modo che uno dei due giocatori, alternativamente, scarichi completamente il proprio peso sull’altro.
È frequente l’espressione figurata scaricabarile, per indicare una persona che cerca di esimersi dai propri doveri o responsabilità, riversandoli su qualcun altro. Di fatto, lo scaricabarile in quest’accezione consiste nel disfarsi il prima possibile di un peso che non si vuole sostenere. Dunque, chi è incaricato di decidere, o fare, o risolvere, o assumersi la responsabilità di qualcosa, ne scarica il peso addosso a un altro.
Ampliando la portata del significato classico figurato dello scaricabarile, mi riferisco qui anche a quella dinamica di scaricare la responsabilità all’esterno, non necessariamente su qualcun altro, ma anche su determinate condizioni che si sono venute a creare. Per intenderci: “ho fatto tardi perché c'era traffico venendo in ufficio” può valere come ragione plausibile una volta una tantum, ma se accade quotidianamente è una scusa attraverso cui tentiamo di “esternalizzare” la causa del nostro ritardo, senza assumere e ammettere la nostra scarsa capacità organizzativa al mattino, o una resistenza a recarci sul luogo di lavoro.
Salto quantico: Per essere amati abbiamo bisogno di essere amabili (lovable), cioè capaci di amare (able to love). Per essere amabili è necessario essere umili, protendersi, aprire il proprio cuore ed essere vulnerabili. (A. Lowen)
Amabili, scriveva Lowen, non perfetti, senza mancanze, né punti di vulnerabilità. Sono proprio le nostre vulnerabilità, anzi, a renderci umani e amabili. Non solo: le aree vulnerabili sono le nostre zone di crescita potenziale. Più le ammettiamo (a noi stessi innanzitutto) e più ci permettiamo di esplorarle con interesse e curiosità, più possiamo ridimensionarle. Essere dei ritardatari cronici, in quest’ottica, può non essere un grave peccato di cui vergognarci e da tenere nascosto, quanto piuttosto una debolezza del tutto umana su cui poter praticare l’autoironia con i colleghi e su cui poter lavorare un poco per migliorarla. In questo modo, potremo migliorare il rapporto con noi stessi e con i colleghi, nonché trarre appagamento e senso di efficacia nel fare ritardo qualche volta in meno.
Cambia la prospettiva con cui ci poniamo in relazione con noi stessi e con gli altri: dall’essere intoccabili all’essere vulnerabili. L’intoccabilità e la perfezione sono illusioni; succederà, prima o poi, e probabilmente ci è già successo, di non riuscire a mascherare una nostra fragilità. È molto più realistico, e a lungo andare benefico, assumere un’attitudine alla flessibilità, praticando l’abilità di saper vacillare. Se possiamo vacillare, accettando in prima persona le nostre vulnerabilità, e assumendo un atteggiamento aperto e auto ironico, questo ci permette di essere finalmente forti. Di toglierci da una postura di mancata assunzione delle nostre responsabilità e di toglierci dal ruolo di vittima ai nostri occhi e agli occhi degli altri. Tanto noi, quanto gli altri, ci tratteremo in modo diverso.
Iniziare a notare quando tendiamo a biasimare qualcuno o qualcosa, domandandoci quale parte abbiamo in ciò che ci sta accadendo, è un ottimo inizio di un percorso verso un graduale senso di indipendenza dal mondo esterno. Provare non costa nulla.
Cristina Perillo
(per rispondere, per commentare, per un incontro conoscitivo basta scrivermi)