L’importanza di essere superficiale.
Un grammo di immagine val più di un chilo di fatti. (Arthur Bloch)
La metafora dell’iceberg maggiormente nota in psicologia è quella di stampo freudiano, che vede nella punta dell’iceberg la parte cosciente dell’essere umano.
Proviamo a guardare all’iceberg, sempre metaforicamente, con una prospettiva un po’ diversa, dove la parte emersa dell’iceberg rappresenta non tanto la parte di cui siamo coscienti, quanto piuttosto ciò che è visibile di noi a chi entra in relazione con noi: il nostro aspetto fisico, il modo in cui ci esprimiamo con il viso e con il tono di voce (linguaggio paraverbale), le nostre posture e la nostra andatura e come ci muoviamo in relazione ai contesti in cui ci troviamo (linguaggio corporeo), le parole che scegliamo e come strutturiamo in frasi e discorsi i nostri pensieri (linguaggio verbale).
Nella nostra punta dell’iceberg sta tutto questo. Ci sta non sempre in modo coerente: quello che esprimiamo a parole può essere talvolta anche abbastanza diverso da quello che esprimiamo con le espressioni del volto, con il tono di voce, con la postura.
Nella nostra punta dell’iceberg sta tutto questo. E a volte non ci rendiamo conto che stiamo inviando contemporaneamente messaggi diversi, complementari o opposti.
Nella nostra punta dell’iceberg sta tutto questo. E chi entra in relazione con noi lo vede, lo ascolta, lo osserva, ne è attratto o respinto, lo usa a proprio e/o a nostro vantaggio e via dicendo.
Ora pensiamo di trovarci in mare aperto, in compagnia di altre persone di fronte a un iceberg. Domanda numero uno: siamo sicuri di vedere tutti la stessa cosa, con le stesse caratteristiche? Che ve lo dico a fare. La risposta la conosciamo già: se in linea generale potremmo tutti dire di avere di fronte del ghiaccio di una certa forma e grandezza, ognuno ne noterà alcuni aspetti specifici, alcuni particolari e caratteristiche e non ne osserverà altri.
Domanda numero due: se l’iceberg avesse contezza, coscienza, percezione di se stesso, vedrebbe e conoscerebbe di sè tutto ciò che osservano gli altri? Una domanda retorica che ci suggerisce che la parte emersa di noi, la nostra punta dell’iceberg, la parte che portiamo in giro per il mondo pubblicamente, raramente coincide con tutto ciò di cui siamo consapevoli di noi stessi. Portiamo nel mondo parti di noi diverse, spesso incoerenti e in contrasto tra loro: possiamo essere al contempo persone empatiche di fronte a certe situazioni e giudicanti di fronte ad altre, oppure approssimative rispetto a certi argomenti e perfettine sapientone rispetto ad altri. E magari non ci rendiamo conto di essere tutto questo. Mentre, a titolo esemplificativo, chi ci sta di fronte può percepire distintamente il giudizio che non pronunciamo, ma che esprimiamo con il viso, con la postura, con le scelte che facciamo in una determinata dinamica; o ancora può provare antipatia per quella certa forzatura con cui vogliamo mettere in evidenza che sappiamo proprio tutto di come si fa una certa cosa, compreso l’unico modo che riteniamo corretto per farla.
A questo punto, possiamo forse mettere in discussione il fatto che, quando sentiamo un certo disagio, o una certa difficoltà nella nostra vita quotidiana, magari proprio di carattere relazionale (con colleghi, amici, compagni di corso…) e non riusciamo a mettere a fuoco di cosa si tratti, sia il caso, sempre e comunque, di scendere in profondità. Possiamo forse pensare di iniziare a fare amicizia e a conoscere meglio la nostra parte “più superficiale”. Possiamo iniziare a esplorare, con l’aiuto dell’altro, con l’aiuto potentissimo della relazione con l’altro, la profondità della superficie. La superficie, la punta dell’iceberg, è l’area del contatto con l’altro e con l’ambiente costituita dalla pelle, dagli organi di senso, dal paraverbale, dal corporeo e da ogni altro spazio in cui si concretizza e si manifesta il qui e ora della relazione.
Restando in superficie, quindi, per scoprire magari qualche piccola grande espressione, parte di noi, con cui non sospettavamo che gli altri si trovassero a fare i conti. Con cui non sospettavamo di fare i conti noi stessi.
Cristina Perillo
(per rispondere, per commentare, per un incontro conoscitivo basta scrivermi)