Cosa tenere?
“È importante che esercitiate un’azione di autocontrollo e resistiate alla tentazione di cominciare a riporre gli oggetti, finché non avrete esaminato con attenzione che cosa conservare e che cosa buttare.” (Marie Kondo)
Marie Kondo è una scrittrice giapponese di libri di economia domestica e ideatrice del metodo KonMari, sistema studiato per riordinare al meglio gli spazi abitativi con lo scopo di migliorare la qualità della propria vita.
Negli episodi dei reality show in cui Marie Kondo aiuta persone, coppie e famiglie a selezionare, mettere ordine e organizzare casa, alcune delle frasi più pronunciate da chi chiede il suo aiuto sono del tipo “com’è difficile eliminare”, oppure “non voglio buttare tutto nella spazzatura, o eliminare cose di cui poi mi pentirò”, o ancora “non so se davvero posso farne a meno”.
Cosa accomuna queste frasi?
La prima cosa che hanno in comune è che esprimono dubbio e incertezza nel compiere un’azione di cui non si riesce a prevedere esattamente le ripercussioni sul futuro. Ripercussioni tanto pratiche, quanto, e spesso soprattutto, emotive. Sbarazzarsi di qualcosa spesso significa, - più spesso di quanto ce ne rendiamo conto se non ci fermiamo un momento a pensarci su -, sbarazzarci di oggetti che sono stati testimoni di momenti belli e di momenti difficili, di momenti magici e di momenti dolorosi: momenti chiave nella nostra vita.
La seconda caratteristica che le frasi pronunciate dai clienti di Marie Kondo hanno in comune è quella di avere un certo qual sapore di di esclusione repentina, violenta e irreversibile dalla nostra vita.
Etimologicamente, eliminare significa mettere fuori dalla porta. È talmente difficile scartare, cacciare fuori dalla porta, ciò che abbiamo accumulato nel tempo, che spesso l’esterno, l’apparenza, rasenta la perfezione. Celiamo e stipiamo all’interno: “la mia casa è pulita e ordinata, ma i cassetti e gli armadi stanno per esplodere”, oppure “questa è la mia cucina; abito da sola e la credenza è completamente piena”, o ancora “a volte compro piccole cose, regalini, piccoli sacchetti colorati di caramelle e li metto in questo armadio qui sopra, ma non lo apro mai e adesso è talmente pieno che prima o poi, una volta che lo apro, mi cadrà tutto addosso” sono altre frasi tipo pronunciate dai clienti di Marie Kondo.
Talvolta, piuttosto che “mettere fuori dalla porta”, riempiamo a tal punto da non riuscire più a sostenere la vista né a contenere una tale quantità di oggetti. Da essere vicini a esplodere. Ma ci capita, finalmente, di sentire che è difficile trovare la nostra casa confortevole con tanta roba accumulata e che sarebbe il momento di fare spazio a ciò che la vita vorrà riservarci da qui in avanti. Riordinare significa a volte alleggerire dal passato e predisporre le cose per un nuovo capitolo presente. Riordinare la casa e noi stessi. Ci sono parti di noi (rimuginii, rimpianti, sofferenze, timori, preoccupazioni, tanto per menzionarne alcune) che ci hanno accompagnato per tratti di strada importanti, ma che non sono più funzionali oggi, per vivere bene.
E allora come semplificare un passaggio tanto ostico verso oggetti e parti di noi che hanno perso la loro ragion d’essere?
Da qualche parte ho letto che praticare la gentilezza può significare sostenere moralmente e affettivamente quelli che ci chiedono aiuto, saperli ascoltare senza avere l'urgenza di dar loro dei consigli pratici. Eliminare può essere un’occasione preziosa di praticare la gentilezza così intesa, verso noi stessi: ascoltare e parlare con noi stessi in modo lento, paziente, comprensivo e leggero. A partire dal lessico.
Se espressioni come eliminare, scartare, lo stesso lasciare andare sembrano portare con sé un certo presagio di separazione ineluttabile e irreversibile, possiamo porci la questione in una forma leggermente diversa e domandarci: cosa mi suscita gioia e piacere e cosa no? Cosa mi serve e ha importanza per me ancora oggi e cosa no? Concentrandoci sul presente e su cosa vogliamo tenere, piuttosto che su cosa vogliamo eliminare, la scelta non è più assoluta e sottrattiva, quanto piuttosto fondata sul qui e ora e relativa al nostro stato attuale. Dare un valore a ciò che scegliamo di tenere è più gentile di sentire che stiamo togliendo valore a qualcos’altro.
Ogni volta che scegliamo di liberare spazio da qualcosa a cui sono legati molti ricordi, poi, prima di accantonare quell’oggetto, possiamo sentirci grati per la parte che ha avuto nel nostro passato e così compiere un piccolo rito di saluto. Salutare ringraziando qualcuno che ci è venuto a trovare è senz’altro diverso da chiudergli in faccia la porta nel momento del congedo; se vale per le persone può valere anche per gli oggetti. E, durante il rito di saluto, possiamo anche coltivare la consapevolezza che non stiamo perdendo parti di noi alle quali, anzi, legittimiamo con gioia tutto il diritto di restare nella nostra testa e nel nostro cuore per l’importanza che hanno avuto nelle nostre vite.
Cristina Perillo
(per rispondere e per commentare basta scrivermi)