Cicatrice e cambiamento.
La pelle è l’organo più esteso del corpo umano. Ci protegge da danni, infezioni, disidratazione e, per farlo, si rinnova ogni trenta giorni circa. È in costante cambiamento. Un cambiamento che diventa percettibile nel processo di cicatrizzazione.
Più la ferita è profonda, più il processo di cicatrizzazione di una ferita è lungo e ha bisogno di cure. Curare una ferita significa legittimare il dolore scegliendo le cure con attenzione e pazienza. Ricordando che non è la cicatrice che si sta formando a fare male, piuttosto è la ferita che duole. La causa del dolore è la circostanza che ha provocato la ferita. E questo è tanto vero per le ferite del corpo, quanto per quelle dell’anima.
Quando, riferendoci alle ferite emotive, dichiariamo che una certa cicatrice è dolorosa, in realtà parliamo di una ferita aperta, non cicatrizzata. Non abbiamo dato giusto tempo e giuste cure al processo di cicatrizzazione. E così la ferita aperta è rimasta lì a succhiare energie fisiche, emotive e mentali, a fare un gran male, soprattutto di fronte ai cambiamenti. L’importanza fondamentale del riparare le ferite, dunque, risiede in una possibilità di evoluzione libera da dolori non legittimati, che tornano e ritornano più volte a cercare lenimento, diventando più acuti nei momenti di incertezza e quando siamo chiamati dalla vita a fare nuove scelte, a prendere decisioni. Il valore impareggiabile della cicatrice risiede nell’essere momento conclusivo e salvifico di un processo doloroso. Non ci infettiamo se la pelle cicatrizza con le giuste cure.
Nel film di Tim Burton, la madre di Edward Mani di Forbice prova a coprire, a mascherare le cicatrici del ragazzo. É qui che inizia il fallimento del suo ruolo di motore di cambiamento della sorte di Edward. Cercando di coprire con strati di trucco le cicatrici, non ne riconosce la bellezza e tratta la storia personale di Edward, il suo stesso dolore, come vergognosi, da sottrarre allo sguardo. Il film non ha un lieto fine: è la vicenda di chi cerca di trovare il proprio posto nel mondo, di sentire la propria efficacia, utilità, e valore all’interno della società, e di stabilire una nuova serena relazione con se stesso, senza però riconoscere il ruolo salvifico delle proprie cicatrici. Senza che tale ruolo venga riconosciuto dall’Altro. La fine è drammatica: passando per una serie di eventi alternativamente fortunati e tragici, che culminano con l’uccisione del fidanzato della ragazza di cui si era innamorato, Edward ritorna nel suo iniziale isolamento, portando con sé una nuova grande ferita.
Cristina Perillo
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